benedetto poma
la teoria delle trasparenze

Le schede delle opere in mostra

il silenzio di dio

THE SILENCE OF GOD

Acrilico su tela

120x150 cm

2020

Il vertice del lirismo poetico di Poma, si concretizza e si espleta in questa opera ultima, in ordine di tempo, Il Silenzio di Dio. Opera che prende forma da un incontro fortunato.

La tavola fiamminga di Vranke Van der Stockt lo attende da secoli nella luminosa sala all’interno del Museo Diocesano di Caltagirone. Rifulge nei suoi squillanti colori in tutta la sua bellezza rinascimentale. L’attenzione anche al più piccolo dettaglio, tipico degli artisti delle Fiandre, si sposa immediatamente con la perizia grafica di Poma. È un sodalizio stilistico, un incontro da cui nasce un dialogo.

Il Trono di Grazia, dalla potente carica emotiva, di struggente impatto, tema tanto caro al gusto dell’epoca, propone una Trinità in cui Dio Padre regge fra le sue braccia, offrendolo, suo Figlio morto sulla croce, ancora coronato di spine, mentre lo Spirito Santo si interpone come terza persona fra i due. Un mondo altro, ultraterreno, coesiste e convive con quello terreno in cui echeggia il dolore straziante di Maria, la Madre, sorretta da San Giovanni. Maria Maddalena, manifesta la sua disperazione con il plateale gesto delle braccia, tanto caro alla letteratura del tempo.

Poma, quasi in una proiezione mistica, scorre i secoli, accorcia le distanze temporali, arriva all’oggi, nasconde il Padre, lo toglie dalla scena. Dio non c’è! Di Lui rimane solo la preziosa corona gemmata, a memoria della sua sovranità, Dio tace, ed il Figlio esanime si regge da solo, sospeso come in un limbo, anche il suo sacrificio sembra vano, tutto ciò che lo sostiene è quella mano sotto il costato, ad indicare che l’assenza di Dio è nella mente e nella vita dell’uomo ma l’Eterno, seppure relativizzato, seppur negato, È!

E si manifesta attraverso la misericordia. Questo Cristo abbandonato al centro della scena si contrappone al Cristo di Van der Stockt, in cui nella tavola fiamminga era il fulcro, il centro nevralgico, tutto portava a Lui, come un punto di fuga prospettica. Poma stravolge il carico di ogni singolo personaggio, poiché differente è l’impianto non solo compositivo, ma anche emozionale. Qui il fulcro, il centro su cui ruota l’intera composizione è la Vergine Maria, che spogliatasi delle vesti nere del dolore si innalza potente, salda al centro della scena, meravigliosa e rassicurante, il suo volto fiero è disteso, guarda l’infinità poiché lei è la mediatrice, la consolatrice e tiene in braccio la promessa della salvezza, quel bimbo divino che accosta il suo capo glorioso a quello del Cristo coronato di spine, con una proiezione temporale spontanea che lo proietta al suo destino e al suo patire. La madre bella come l’aurora immersa in quei toni d’arancio rinfranca l’animo di chi la osserva. Poma la spinge oltre, ella è già trasfigurata e rifulge di luce divina e si pone come cerniera fra l’umano e il divino. Il suo capo è il vertice della composizione prospettica, elemento cinquecentesco che l’artista recupera per aderire ancora più armoniosamente alla tavola rinascimentale. La Maddalena con la sua forza della fede incorruttibile e incrollabile svanisce anch’essa con il suo plateale gesto di dolore per dare spazio alle splendide architetture, in omaggio alla città di Caltagirone. Agli arcangeli Gabriele e Michele l’obbligo di chiudere le quinte sceniche della tela. L’annunciante a sinistra con la mano alzata nell’Ave e il giglio della purezza verginale di Maria, Michele a destra con spada sguainata contro le insidie del maligno è evanescente, quasi sta per sparire alla vista, trasparente a tratti, vitreo, il suo corpo inconsistente lascia vedere una moneta che pende da un filo sottile: è un Litus, un’antica moneta ebraica, ritrovata nella sacra sindone, su una faccia della moneta il nome Kaifa, lo stesso del gran sacerdote che offrì le 33 monete d’argento per il tradimento di Giuda. Lo Spirito Santo non è più la terza persona fra il Padre e il Figlio. Adesso è al centro in alto alla composizione, è Spirito Santo, ora consolatore, ora fecondo nel grembo di Maria. Dall’incontro fortunato fra Poma e il Trono di Grazia nasce Il Silenzio di Dio, un ponte immaginario che proietta la meravigliosa opera fiamminga nella nostra contemporaneità, in cui il protagonista è Colui che non c’è, Colui che tace. Il silenzio di Dio, ammutolito dalla disobbedienza, dalla nostra utopia di una immaginaria ed effimera felicità senza Dio, una negazione dello spirito e dell’anima.

Eccelle Poma in questa nuova avventura, in cui manifesta la sua straordinaria capacità di impaginare con disinvoltura ed estrema raffinatezza secoli di storia e opere senza che lo spettatore si senta disorientato, ma piuttosto accompagnato alla lettura del tempo che scorre fluido sotto i nostri occhi rapiti.

    Carmen Bellalba